lunedì 16 agosto 2010

Oggi Carne alla Griglia!!!

E così… eccoci al giorno dopo Ferragosto. Oggi arriveranno degli amici di famiglia e si farà una grande grigliata. Le grigliate sono la cosa che preferisco: quel buon odorino di brace e carne bruciacchiata, le costolette di maiale dorate e croccanti, la salsiccia e le bistecche… Sì, la carne alla griglia è una delle cose che mi piace di più. Tuttavia non sono qui a raccontarlo con la bava alla bocca come un cane che vede l'osso sapendo che non lo mangerà, sono qui a chiedermi come sia possibile che in questa casa, oggi, si faccia una grigliata. Tutte le persone che vivono qui hanno avuto ampie spiegazioni dei motivi che hanno spinto me e Pollo a diventare vegani. Anche degli amici di famiglia, che godevano della fiducia necessaria per essere trattati in modo sincero e confidenziale (non come ospiti di plastica con i quali instaurare rapporti asettici di moine, complimenti e condiscendenza), hanno sentito tutte le ragioni. Inoltre quelle persone hanno un figlio piccolo. Con fervore contenuto, per affetto verso il piccolo, avevo spiegato tempo fa alla madre quali sono tutti i rischi e le conseguenze ai quali si espone un bambino alimentandolo con latte vaccino, formaggi e carne. Mi sembrava che le parole 'allergie', 'obesità', 'cancro' e 'malattie cardiovascolari' fossero abbastanza gravi. Ma a quanto pare sono stata ascoltata con la stessa attenzione e considerazione con la quale si ascolta una relazione sulla vita sociale degli scarafaggi.
Una mattina, una della casa ha smosso mari e monti perchè non c'era il prosciuttino da dare al bambino e quindi bisognava assolutamente andarlo a comprare. Al bambino piace tanto il prosciuttino. Magro eh, non quello con il grasso che poi gli fa male. E con quella faccia paffuta vuoi non dare il prosciuttino al bambino?

Ogni tanto ammetto di sentirmi in colpa per tutto quello che ho mangiato in passato in modo relativamente cosciente. Ovviamente non posso rispondere per i primi anni di vita. Io non sono un filo (ormai lo avrete intuito date le cronache delle mie interazioni con la bilancina), e sicuramente è anche colpa mia. Tuttavia quello che mi infastidisce è la consapevolezza e piena certezza che se, quando ero piccolina, qualcuno avesse detto a mia madre: 'guarda che se le dai questo, quello e quest'altro, le fai del male' lei non gli avrebbe dato retta e mi avrebbe comunque 'nutrita' con quello che credeva ('credeva', attenzione: non 'sapeva'). E quando alle medie le mie taglie cominciavano ad aumentare e il pediatra disse: 'Noooo signora, non c'è nessun problema! Se proprio vuole le dia un po' meno da mangiare…' lei se lo è fatto bastare. Ma io ero una specie di pozzo senza fondo e assolutamente golosa. Cosa poteva fare un genitore in quel caso?
Ormai lo sanno anche i muri che il motivo per cui Foer ha scritto 'Se niente importa' è che ha avuto un figlio e si è sentito in dovere di sapere per filo e per segno cosa gli avrebbe dato da mangiare. Ma perchè questo pensiero, che sembra quasi tra i doveri ovvi e obbligati di un genitore, non viene in mente a tutti?
Un'altra futura madre, con la quale ho avuto la delusione di parlare, alla frase 'il latte (animale) fa male' si è messa a ridacchiare ottusamente che il latte si è sempre bevuto, e quando ho provato a spiegarle i motivi non mi ha nemmeno lasciato finire ribadendo che il latte si è sempre bevuto. Sottolineo che questa persona ha studiato filosofia e fa la filosofa. Tanti anni di studio per trovarsi con l'apertura mentale di un vecchio nonno di campagna.
Un'altra madre può vantare di avere un figlio che a soli 24 anni aveva già il colesterolo alle stelle. Secondo voi ha smesso di stipare il frigo con salumi e formaggi? No.
Nella testa della gente gira la convinzione che fin quando una persona sta bene non c'è bisogno di prendere precauzioni, tuttavia quando poi ci si ammala è sempre troppo tardi.
Ed ecco questa: attirata dalle potenzialità di un corso di cucina vegana organizzato da un ospedale, mi sono trovata in mezzo ad un gruppo di donne che avevano o avevano avuto problemi con il cancro (il corso nasceva principalmente per loro, anche se comunque era aperto a tutti). Inizialmente ho provato una gran pena per queste persone, pensando a tutto il dolore -non solo fisico- che porta questa malattia e che purtroppo anche io ho conosciuto da vicino quando è morto mio padre. Poi però i toni sono cambiati e all'improvviso delle persone a cui è stata data una seconda possibilità, che forse avrebbero dovuto riflettere su quello che era loro successo, si sono trasformate in oche che starnazzavano ridacchiando di fronte a 'quante uova alla settimana posso mangiare' o 'quante volte al mese ho diritto di mangiare il pesce'. Lì sono rimasta di sasso. Voglio dire: la tua dottoressa ti dice che per tentare di guarire o che per evitare di riammalarti -oltre al resto- devi cambiare la tua alimentazione e tu torni a casa e non ti chiedi 'Ma allora quello che ho sempre fatto non andava bene?' e non sprechi nemmeno cinque minuti su Google per capire cos'è la 'nuova' dieta che ti ha dato la dottoressa?
Ma anche le altre persone con le quali ho parlato io, perchè non sono tornate a casa chiedendosi se fosse effettivamente vero quello che avevo raccontato e sprecando quei dannati cinque minuti su Google per capire?

Oggi ci sarà una grigliata a casa mia. Ma non sbaverò come un cane che vede un osso che non potrà avere. Non mi mancheranno le costolette che tanto mi piacciono. Oggi mi mancheranno la fiducia, il rispetto e la stima che avevo per le persone che ho intorno. Le stesse persone che vanno a fare i mercatini per Emergency e che quando ero piccola mi hanno educata ad essere sensibile verso chi è meno fortunato di noi. Che valore hanno ora quelle azioni pagliative occasionali, quei placebo per la coscienza e quegli insegnamenti passati senza che fossero davvero sentiti?
Mi spiace essere così ripetitiva, e forse ho scritto questo post solo per cercare di spiegare i sentimenti che mi hanno spinta a scrivere 'Lentijini è molto arrabbiata'; ma non credo mi sia realmente possibile spiegare quanto si a profonda la delusione e l'amarezza che provo verso le persone che dovrei considerare 'care'. Se qualcuno mi dovesse chiedere se non mi manca la carne, sento di poter rispondere onestamente che non me ne frega nulla, che quello che mi manca davvero è la fiducia e la stima che avevo nei confronti di persone che ho sempre considerato 'buone' e di cui ora vedo il vero volto falso, ipocrita, orgoglioso e menefreghista coperto da un sorriso di plastica e frasi buone di convenienza. E sono le persone in mezzo alle quali sono cresciuta.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao..ti capisco benissimo...mi sembra di leggere le mie stesse esperienze...non mi considera mai nessuno dicono tutti che sono esagerata specialmente mia madre...

LentiJini ha detto...

Questo mio "sfogo" è sicuramente dettato da una delle esperienze più comuni tra chi diventa vegan. La rabbia, come prima reazione, è naturale, soprattutto quando si tratta di persone vicino a noi. In un certo senso ci sentiamo traditi, viene danneggiata la nostra fiducia nel loro buon senso. A freddo, però, considera sempre che stai mettendo in fortissima discussione uno dei cardini dello stile di vita. Uccidere, che se ne dica quel che si vuole, è difficile da accettare sia che si tratti di un essere umano sia che si tratti di un animale. Quelle osservazioni e commenti banali e fastidiosi che tutti abbiamo sentito, non sono altro che un modo per difendersi. Come chi pretende l'assoluta coerenza. Senza rendersene conto, sta solo cercando un appiglio, una scusa che giustifichi il suo comportamento e gli permetta di non sentirsi in colpa se non ci prova. Per alcuni si tratta di lavoro: pensa cosa può provare una persona convinta della propria assoluta e indiscussa bontà, che di colpo deve fare i conti con l’accusa che quel che sta facendo, ciò che sostiene la sua vita, è fonte di sofferenza e morte per altri. Anche l’accusa di ’esagerare’ è un modo per giustificarsi e, spesso, accompagna la paura di essere giudicati maleducati se si fa qualcosa che può mettere in difficoltà gli altri.
Tutto questo non vuole essere un ’lascia stare’. Una volta chiariti i comportamenti si sa come gestrirli. Se vedi che qualcuno ti fa delle domande col chiaro intento di polemizzare, fai cadere il discorso al più presto. Con quella predisposizione non riusciresti a far passare il minimo messaggio. Se qualcuno ti fa il punto sull’educazione a tavola, acchiappa una copia di un qualsiasi galateo: se si viene invitati è espressamente richiesto che si segnali se si è vegetariani così come se si hanno allergie o indisposizioni a cibi particolari. Se ti provocano a tavola hai tutto il diritto di far cadere il discorso. Le buone maniere chiedono di non parlare di cibo quando si è a tavola, anche se in molti lo fanno, non si dovrebbe neanche parlare di questa o quella ricetta, o di come sono stati preparati i piatti. Questo non vuol dire rinunciare a ’spiegare’: l’esperienza mi ha dimostrato che chi vuole ascoltare sarà il primo a prenderti da parte e farti delle domande, all’inizio dovrai avere pazienza perchè la gente tende a farsi degli sconti, in quel caso il rigore spaventa, perciò spiega come tu sei riuscita a superare i problemi della vita quotidiana: la spesa, il tempo, le ricette... Se senti dei ragionamenti strani, non essere perentoria: sorridi (senza essere scortese), prima o poi sarà l’altro a capire. Ognuno ha i suoi tempi.
Gestire questo cambiamento nei rapporti è una grande occasione di crescita personale: la rabbia ci prende perchè trova dei ’ganci’ in noi, anche quando la fonte sembra esterna. Trova i tuoi ganci e sistemali, riuscirai a vincere contro cose molto più grandi di un parente polemico! ;)